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La storia di Giovanna si intreccia con la storia della strada del Biron di Sopra, dove è nata e dove ha vissuto tutti i momenti più importanti della sua vita.

La sua ricostruzione fa rivivere un mondo contadino laborioso e intraprendente, che si è trasformato nel tempo, senza scomparire del tutto.

Possiamo infatti trovarne ancora le tracce.

Giovanna Carollo è nata al Biron di Sopra nel 1922.

Il padre Antonio era venuto ad abitare con la famiglia da Centrale di Zugliano Vicentino nel 1893, quando aveva 3 anni.

Aveva due fratelli, Battista e Giovanni.

La famiglia di Giovanna abitava nel ‘Palazzetto’, di proprietà degli Zileri, alla fine della strada comunale del Biron di Sopra, verso la strada di Monte Crocetta.

La casa era in alto e aveva una scala di una decina di gradini che scendeva verso la fontana.

Un abbondante getto d’acqua alimentava tre vasche, gli ‘albi’, che, a cascata, servivano per attingere acqua, per il bestiame, e per lavare.

Giovanna portava i secchi d’acqua in casa per la mamma che aveva dolori alla schiena, e si accontentava che glieli appoggiasse sugli ultimi gradini.

Il bucato vero e proprio si faceva al ‘baon’, davanti alla casa dei Viero, detti Cementin, dove il fosso si allargava e la portata d’acqua era più abbondante.

C’erano anche dei lavatoi, in località Pian delle Maddalene, che si possono ancora vedere.

Quando si è cominciato a costruire sopra il monte il flusso dell’acqua è diminuito, tanto che hanno dovuto tirarla su con una pompa.

Finalmente nel 1947 o ’48 è arrivato l’acquedotto che ha portato l’acqua anche nelle case.

Molti ricordi sono legati al periodo della guerra.

C’erano bombardamenti frequenti, in zona, soprattutto sul campo di aviazione.

Tutti i vicini allora si rifugiavano in una grotta nella proprietà dei Viero. I tedeschi avevano occupato Villa Rota Barbieri, questa era una zona molto pericolosa.

Durante quel periodo gli abitanti del posto andavano a messa nella chiesetta di villa Loschi Zileri, che era vicina, per non esporsi troppo.

C’erano anche degli sfollati, la famiglia Ortolani, imparentata con la famiglia dei Turin, un tempo molto ricca ma diventata povera per dissesti finanziari.

Anche la chiesetta che sta sul pendio del monte, era stata data provvisoriamente come abitazione a una signora, anche lei sfollata da queste parti, che si chiamava Lucia e aveva una figlia, Alma.

Questa chiesetta, ora diroccata, era affrescata con una grande corona di angeli.

Veniva aperta in primavera quando si facevano le rogazioni, cioè le preghiere in processione attraverso i campi per benedire la terra e i suoi frutti.

Alla chiesetta Giovanna aveva l’incarico di preparare le offerte, di solito erano delle uova, che venivano ritirate dal prete.

Gli abitanti del Biron andavano a messa alle Maddalene.

Si facevano lunghe chiacchierate lungo la strada, all’andata e al ritorno, perché ci si conosceva tutti.

Maddalene era solo una specie di succursale allora, una ‘curazia’, quindi il battesimo Giovanna lo ha ricevuto nella parrocchia dei Carmini.

I bambini andavano a scuola a Capitello, sempre in zona delle Maddalene.

I contadini della strada del Biron con altri dei dintorni, avevano creato una cooperativa di 27 soci, per la raccolta, la vendita e la lavorazione del latte, fatta dal ‘casaro’ Luigi.

La sede del caseificio sociale si trovava appena al di là della Dioma, vicino alla fattoria degli Ambrosini, in comune di Monteviale.

Giovanni Ambrosini era il presidente e Antonio Carollo, papà di Giovanna, detto ‘cazoleta’, faceva da segretario.

Le famiglie dei soci contribuivano al lavoro del caseificio e alla vendita dei prodotti. I figli più grandi davano una mano e anche Giovanna, a turni settimanali, stava al caseificio a vendere il latte.

La cooperativa è stata sciolta quando è nata la centrale del latte di Vicenza.

Giovanna andava anche a vendere i polli, allevati nella loro fattoria.

Vendeva anche i radicchi e altre verdure.

A volte, per superare la stazione del dazio di viale Trento e non pagare l’imposta, copriva i polli con le erbe, che non erano tassate.

I clienti erano le varie famiglie dei dintorni, quelle che non avevano i campi.

Gli Ambrosini, che avevano una grossa fattoria e tanto bestiame, ‘caricavano montagna’, cioè portavano le mucche all’alpeggio, sull’altopiano di Asiago, in primavera e le riportavano a casa in autunno.

Insieme alle loro bestie portavano anche quelle dei contadini dei dintorni che ne avevano poche.

Questo modo di vivere, così familiare, è poi cambiato nel tempo, perché era cambiata piano piano la vita delle persone.

Molti figli di contadini andavano a fare altri lavori, c’erano più macchine e meno bisogno di braccia, la terra era poca per sostentare tante persone.

Quando è stato costruito il Villaggio del Sole la popolazione del nuovo quartiere, inizialmente, non legava molto con i contadini del Biron che rimasero molto più soli: altre abitudini, altra mentalità, altra cultura, altra scolarizzazione.

Andando in chiesa e a scuola si incontravano questi ‘foresti’. I ragazzi del Biron avevano il Monte per crescere, quelli del quartiere giocavano sulle strade interne tra di loro.

Col tempo tutto è diventato più facile, il nuovo quartiere offriva anche tante occasioni di incontro.

Il parroco don Gianfranco è stato molto bravo a far incontrare e coinvolgere tutti, vecchi e nuovi abitanti.

Portava rispetto e considerazione a tutti.

Passava nelle case a trovare i malati, regolarmente.

La mamma di Giovanna è stata inferma per quattordici anni, quindi lei ricorda bene queste cose.

Così come ricorda ancora le riunioni settimanali di Azione Cattolica e le feste per le varie circostanze.

A carnevale lei e sua cugina facevano ‘grostoli’ in abbondanza, e li portavano in parrocchia con le grandi ceste della biancheria, le ceste ‘bianche’.

Giovanna Carollo si è sposata nel 1958 a Maddalene.

Il marito Attilio Bernardotto lavorava come fattorino alla Maritan & Borgato.

Nel 1980, quando la famiglia Zileri ha venduto la proprietà dove abitavano, lei si è separata dai fratelli, Cesare e Danilo, e quando la mamma è morta ha cambiato anche zona, andando a vivere dall’altra parte della città